Ennio A. Rossi
Membro Junior
- Commercialista
Che fare per tentare di recuperare forzosamente il credito ?
condòmini in grave difficoltà economica, condòmini che prendono la via dell’estero abbandonando casa e mutuo, condòmini che hanno perso il lavoro, etc. sono patologiche cause di morosità in crescita esponenziale che coinvolgono attualmente i fabbricati condominiali: una vera bomba ad orologeria, possibile generatrice di aspri conflitti sociali determinati dall’insofferenza dei condòmini che pagano regolarmente le rate di loro competenza e che d’un tratto si trovano obbligati a pagare anche quelle di altri sia in forza della solidarietà passiva prevista dal codice, sia per non vedere sospesa l'erogazione di servizi comuni indispensabili (come ad esempio l'acqua, il riscaldamento, l'ascensore, la luce e pulizia scale, l'assicurazione etc.).
Che può e deve fare l’ Amministratore se dopo numerosi solleciti, ravvisa la mancata volontà o possibilità di pagamento delle rate?
Prima di tutto dovrà agire per interrompere l'erogazione di alcuni servizi comuni se la morosità si protrae da più di sei mesi (in tal senso l’ex terzo comma dell’art. 63 disp. att. c.c.: In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condòmino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato) tenendo conto che alcune sentenze hanno interferito sul divieto della sospensione di beni e servizi primari quali l'erogazione dell’acqua e del riscaldamento.
In secondo luogo dovrà procedere ex 1.mo comma dell’ art 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile come modificato dalla legge n. 220 del 2012 che recita : "per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino, i dati dei condòmini morosi".
Da tener conto anche del secondo comma (più teorico che pratico) che dispone: “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l'escussione degli altri condòmini”, procedura che enti distributori di energia elettrica, idrica e gas sistematicamente ignorano.
A parere di chi scrive questi i contratti di utenza elettrica e idrica o di distribuzione del gas sono inquadrabili nello schema del contratto di somministrazione laddove specifiche clausole contrattuali ammettono la facoltà del gestore somministrante di sospendere la fornitura nel caso di ritardato pagamento delle bollette.
Pertanto A2A, Enel o simili avvisano del mancato pagamento, intimano, ma se in definitiva non incassano, interrompono l'erogazione (occorre allora procedere al disperato ricorso ex art 700 c.p.c, ) .
FONDO CASSA.
Di regola nelle more dell’azione legale, per non far mancare i denari necessari ad evitare la sospensione o tagli del gas, luce, riscaldamento, assicurazione, pulizia scale etc., si rende necessario costituire un fondo cassa ad hoc per far fronte allo "scoperto" determinato dal mancato introito delle quote dei condòmini morosi.
Le somme immesse nel fondo dai condòmini paganti rappresentano formalmente una anticipazione ed un credito. Successivamente se (rimarcando il “se” ) venisse recuperato il dovuto dal condòmino moroso, le anticipazioni dovrebbero essere restituite .
PERSISTENDO LA MOROSITÀ
anche nei confronti dei creditori istanti insoddisfatti (che dopo avere constatato l'infruttuosità delle azioni individuali di recupero del loro credito sul condòmino moroso, alla fin fine non potranno che rifarsi sui condòmini pagatori) sarà facoltà del condominio iscrivere cautelativamente un'ipoteca giudiziale sull'immobile di proprietà del debitore.
Tuttavia, tale garanzia potrebbe collocarsi in coda a quelle già trascritte eventualmente da terzi, residuando in tal caso il vantaggio per il condominio di non restare “estraneo” alla procedura, stante l’obbligo a carico di qualsiasi procedente di tenere costantemente informati gli altri.
IL PIGNORAMENTO / L’ ESECUZIONE FORZATA
Se il debitore di fronte alle varie intimazioni persistesse nel non onorare il suo debito condominiale, sarà necessario passare alle "maniere forti" ossia al recupero forzoso tramite procedure esecutive date dal pignoramento mobiliare o immobiliare, procedure tese a recuperare la liquidità necessaria a soddisfare le ragioni del creditore.
I pignoramenti eseguibili sono di tre tipi:
La complicazione; l’iscrizione ipotecaria di terzi.
Buona regola vuole che prima di agire l’amministratore condominiale proceda ad un'ispezione ipotecaria e controlli presso la conservatoria RRII lo stato dell’immobile. Nei casi patologici si scoprirà che a monte il debitore ha da poco tempo contratto un mutuo ed a garanzia è stata iscritta una ipoteca volontaria di primo grado di elevato valore; ciò significa che il debito verso il mutuante è ancora integro.
Con il ricavato d’asta (non più del 40% - 60% del valore periziato) prima bisognerà pagare la banca mutuante e le spese di procedura ed altri creditori privilegiati (es: Esatri).
Quello che teoricamente dovesse residuare (???) verrebbe diviso fra tutti creditori “chirografari” che non godono di alcun privilegio, fra questi il condominio.
In questo contesto, assai frequente, si pone il dilemma se convenga al condominio attivarsi per primo come “procedente” anticipando le spese di procedura nell’ordine di circa 8.000 euro (vedi sotto).
La ragione di tale scelta risiederebbe nell’interesse del condominio di dare impulso alla procedura esecutiva per arrivare prima possibile alla vendita in sede di asta tal che l’immobile venga assegnato ad un soggetto solvibile che ritorni quanto prima ad onorare le rate condominiali.
Da osservare che qualora il condominio decida di procedere per primo attivando la procedura ha (in ogni caso) diritto in via prioritaria (tecnicamente, in prededuzione ex art. 2770 c.c. ) al rimborso delle spese legali e delle altre spese anticipate per sostenere la procedura esecutiva anche nell’interesse di tutti coloro che, seppure inattivi, si troveranno "a fine corsa" nel diritto di partecipare al ricavato.
In alternativa il condominio dovrà scegliere se "stare alla finestra" in attesa che altri (in genere la banca mutuante) attivino la procedura esecutiva (ma con tempi lunghi) ed accodarsi ad essa evitando esborsi rilevanti .
Consultato l’avvocato, la questione, su iniziativa dell’Amministratore sarà posta all’ordine del giorno dell'assemblea condominiale che deciderà, analizzata la peculiarità del caso, quale strada intraprendere.
Diversa la procedura (nella forma ma con uguale risultato nella sostanza) se la proprietà condominiale invece facesse capo ad un imprenditore assoggettato a fallimento.
In tal caso sarà cura dell’Amministratore presentare istanza di insinuazione al passivo tal che il condominio possa vedersi quantomeno riconosciute le spese inerenti la gestione e manutenzione dell'immobile per tutto il periodo in cui lo stesso è stato acquisito nella disponibilità della massa fallimentare.
La "ratio" di tale riconoscimento sta nel fatto che queste spese si considerano destinate a tenere in efficienza il bene immobile e mantenere invariato il suo valore la qual cosa coincide con l’interesse di tutti i creditori; invece le spese relative ai periodi antecedenti la dichiarazione di fallimento saranno ammesse al passivo in via chirografaria il che in fatto comporterà una materiale riscossione pari a zero.
Acquirente e Aggiudicatario
In presenza di insolvenza e/o grave morosità, ad ogni buon conto, ai condòmini solvibili conviene (a prescindere da chi prenderà l’iniziativa) che la procedura esecutiva sia la più rapida in modo da riscontrare alla fine un aggiudicatario solvibile che consenta il recupero almeno in parte delle spese in forza del quarto comma dell'art.63 che dispone: "chi subentra nei diritti di un condòmino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso ed a quello precedente" intendendo per "anno" quello dell'esercizio condominiale e non quello solare.
Un esempio dei costi e delle procedure, dalla diffida al pignoramento immobiliare.
Tenterò di illustrare l’iter con un esempio indicando valori approssimativi (nel calcolo dei diritti, bolli, marche e quant’altro le segretarie degli avvocati sono maestre di precisione; le parcelle sono invece variabili a seconda del professionista) con il solo scopo di darvi idea della complicazione della procedura e le ragioni della sua onerosità.
Esempio: Il condòmino è in arretrato di € 5.000,00 e malgrado numerosi solleciti il moroso non onora il suo debito. L’amministratore Condominiale passa la pratica al legale.
Che succede d’ora in poi?
L’avvocato scriverà una lettera di diffida e messa in mora, anche per interrompere la prescrizione e far decorrere gli interessi moratori.
Il compenso ammonta a 200 euro circa.
Ma se la lettera di diffida non produce gli effetti sperati , il professionista avvierà un’azione legale volta a procurarsi un titolo (decreto ingiuntivo) necessario per procedere quanto prima alla "esecuzione forzata".
Fra marche da bollo spese di notifica del decreto, imposte fiscali di registrazione, si arriva a circa € 300,00 di spese vive a cui aggiungere l’onorario dell’avvocato che, secondo il vigente tariffario, è di € 700,00 circa – Fino a questa fase, si sono spesi 1.200,00 euro.
A questo punto, con il titolo esecutivo, si può avviare il pignoramento, facendolo precedere dalla notifica di un atto di precetto. In questa fase fra spese di notifica del precetto e onorario occorre aggiungere altri 120,00 euro.
Il tipo di pignoramento oggi più veloce è l’espropriazione presso terzi, cioè il pignoramento eseguito nei confronti del debitore del debitore (ad esempio presso la Banca ove il debitore detiene liquidità o titoli oppure presso il datore di lavoro debitore della retribuzione).
A causa della privacy si può solo tentare.
Tra costi di notifica e compensi di avvocato, si può arrivare a spendere altre 1.000,00 euro, per scoprire magari che qualcuno ha pignorato prima di noi. Questa procedura comunque può ben precedere quella successiva del pignoramento immobiliare di seguito illustrata.
Se il debitore ha un immobile intestato e libero si può decidere di aggredire subito questo bene evitando di spendere i 1000.00 euro per il pignoramento presso terzi.
La procedura si presenterà lunga e costosa.
Si parte con la notifica di un atto di pignoramento immobiliare (costo medio 50 euro), da trascrivere presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari (250 euro circa di diritti).
Il pignoramento, poi, deve essere "iscritto a ruolo" ossia rubricato nei registri del tribunale (costo 380 euro).
Il compenso dell’avvocato compresa cassa ed IVA al 22% , ammonta a circa a circa 2 .000 euro.
Dopo l’iscrizione a ruolo, entra in ballo il notaio che deve redigere e depositare "la relazione ipocatastale"; costo compresa cassa ed IVA ammonta a circa 1.500 euro.
Fino ad ora pur by-passando i costi del pignoramento presso terzi , sono stati spesi circa 5.500,00 euro.
Decorsi tre anni, nel corso della prima udienza di comparizione, dovrà essere nominato un consulente tecnico d’ufficio, cioè un perito nominato dal Tribunale che dovrà periziare l’immobile. Il suo onorario di circa 900 euro deve essere anticipato dal creditore procedente.
Dopo la presentazione della stima, il Tribunale nomina i "custodi giudiziari "e i "delegati alla vendita" ai quali il creditore procedente dovrà versare un anticipo per rimborso spese di circa 600 euro.
A questo punto costi ammontano complessivamente a 7.000 euro.
Procedendo con un paio di avvisi di vendita e con tre o quattro aste deserte, costi a carico del creditore procedente, si arriva facilmente agli 8.000,00 euro già richiamati nell’articolo.
art. a cura di Ennio Alessandro Rossi (Giornale di Brescia 21 gennaio 2015).
condòmini in grave difficoltà economica, condòmini che prendono la via dell’estero abbandonando casa e mutuo, condòmini che hanno perso il lavoro, etc. sono patologiche cause di morosità in crescita esponenziale che coinvolgono attualmente i fabbricati condominiali: una vera bomba ad orologeria, possibile generatrice di aspri conflitti sociali determinati dall’insofferenza dei condòmini che pagano regolarmente le rate di loro competenza e che d’un tratto si trovano obbligati a pagare anche quelle di altri sia in forza della solidarietà passiva prevista dal codice, sia per non vedere sospesa l'erogazione di servizi comuni indispensabili (come ad esempio l'acqua, il riscaldamento, l'ascensore, la luce e pulizia scale, l'assicurazione etc.).
Che può e deve fare l’ Amministratore se dopo numerosi solleciti, ravvisa la mancata volontà o possibilità di pagamento delle rate?
Prima di tutto dovrà agire per interrompere l'erogazione di alcuni servizi comuni se la morosità si protrae da più di sei mesi (in tal senso l’ex terzo comma dell’art. 63 disp. att. c.c.: In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condòmino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato) tenendo conto che alcune sentenze hanno interferito sul divieto della sospensione di beni e servizi primari quali l'erogazione dell’acqua e del riscaldamento.
In secondo luogo dovrà procedere ex 1.mo comma dell’ art 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile come modificato dalla legge n. 220 del 2012 che recita : "per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino, i dati dei condòmini morosi".
Da tener conto anche del secondo comma (più teorico che pratico) che dispone: “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l'escussione degli altri condòmini”, procedura che enti distributori di energia elettrica, idrica e gas sistematicamente ignorano.
A parere di chi scrive questi i contratti di utenza elettrica e idrica o di distribuzione del gas sono inquadrabili nello schema del contratto di somministrazione laddove specifiche clausole contrattuali ammettono la facoltà del gestore somministrante di sospendere la fornitura nel caso di ritardato pagamento delle bollette.
Pertanto A2A, Enel o simili avvisano del mancato pagamento, intimano, ma se in definitiva non incassano, interrompono l'erogazione (occorre allora procedere al disperato ricorso ex art 700 c.p.c, ) .
FONDO CASSA.
Di regola nelle more dell’azione legale, per non far mancare i denari necessari ad evitare la sospensione o tagli del gas, luce, riscaldamento, assicurazione, pulizia scale etc., si rende necessario costituire un fondo cassa ad hoc per far fronte allo "scoperto" determinato dal mancato introito delle quote dei condòmini morosi.
Le somme immesse nel fondo dai condòmini paganti rappresentano formalmente una anticipazione ed un credito. Successivamente se (rimarcando il “se” ) venisse recuperato il dovuto dal condòmino moroso, le anticipazioni dovrebbero essere restituite .
PERSISTENDO LA MOROSITÀ
anche nei confronti dei creditori istanti insoddisfatti (che dopo avere constatato l'infruttuosità delle azioni individuali di recupero del loro credito sul condòmino moroso, alla fin fine non potranno che rifarsi sui condòmini pagatori) sarà facoltà del condominio iscrivere cautelativamente un'ipoteca giudiziale sull'immobile di proprietà del debitore.
Tuttavia, tale garanzia potrebbe collocarsi in coda a quelle già trascritte eventualmente da terzi, residuando in tal caso il vantaggio per il condominio di non restare “estraneo” alla procedura, stante l’obbligo a carico di qualsiasi procedente di tenere costantemente informati gli altri.
IL PIGNORAMENTO / L’ ESECUZIONE FORZATA
Se il debitore di fronte alle varie intimazioni persistesse nel non onorare il suo debito condominiale, sarà necessario passare alle "maniere forti" ossia al recupero forzoso tramite procedure esecutive date dal pignoramento mobiliare o immobiliare, procedure tese a recuperare la liquidità necessaria a soddisfare le ragioni del creditore.
I pignoramenti eseguibili sono di tre tipi:
- Pignoramento presso terzi. Se non ci fossero impedimenti dati dalla privacy sarebbe l’espropriazione più rapida ed efficace; infatti conoscendo dove indirizzare l’azione si potrebbe intercettare un credito, lo stipendio, un deposito in denaro presso una banca, o altre ricchezze nella disponibilità del debitore; con le limitazioni accennate si rischia di muoversi alla ceca.
- Pignoramento mobiliare su beni del debitore. Ci si pone l’ obbiettivo di mettere all'asta i beni mobili di proprietà del debitore e con il ricavato estinguere il debito condominiale; in fatto è una procedura incerta resa spesso vana dall'irreperibilità del debitore, dalla impignorabilità di alcuni beni, dalla difficoltà di vendere i beni al valore stimato, dalla difficoltà di reperire in loco i beni di pregio (gioielli, quadri antichi etc.) fatti sparire con largo anticipo.
- Pignoramento immobiliare. Lo scopo ultimo è la vendita all'asta dell'immobile e la distribuzione del ricavato fra i creditori. La procedura dà risultati concreti se l’immobile è libero da ipoteche e altri vincoli e se è nella piena disponibilità del debitore; in queste condizioni è la procedura preferibile; seppure lunga (3-5 anni ) e costosa (circa 8.000 euro) consente a fine corsa di recuperare tutto il credito e tutte le spese. Se invece il bene è oggetto di pesanti gravami, è procedura farraginosa ed incerta. Nei casi in premessa addirittura disperata.
La complicazione; l’iscrizione ipotecaria di terzi.
Buona regola vuole che prima di agire l’amministratore condominiale proceda ad un'ispezione ipotecaria e controlli presso la conservatoria RRII lo stato dell’immobile. Nei casi patologici si scoprirà che a monte il debitore ha da poco tempo contratto un mutuo ed a garanzia è stata iscritta una ipoteca volontaria di primo grado di elevato valore; ciò significa che il debito verso il mutuante è ancora integro.
Con il ricavato d’asta (non più del 40% - 60% del valore periziato) prima bisognerà pagare la banca mutuante e le spese di procedura ed altri creditori privilegiati (es: Esatri).
Quello che teoricamente dovesse residuare (???) verrebbe diviso fra tutti creditori “chirografari” che non godono di alcun privilegio, fra questi il condominio.
In questo contesto, assai frequente, si pone il dilemma se convenga al condominio attivarsi per primo come “procedente” anticipando le spese di procedura nell’ordine di circa 8.000 euro (vedi sotto).
La ragione di tale scelta risiederebbe nell’interesse del condominio di dare impulso alla procedura esecutiva per arrivare prima possibile alla vendita in sede di asta tal che l’immobile venga assegnato ad un soggetto solvibile che ritorni quanto prima ad onorare le rate condominiali.
Da osservare che qualora il condominio decida di procedere per primo attivando la procedura ha (in ogni caso) diritto in via prioritaria (tecnicamente, in prededuzione ex art. 2770 c.c. ) al rimborso delle spese legali e delle altre spese anticipate per sostenere la procedura esecutiva anche nell’interesse di tutti coloro che, seppure inattivi, si troveranno "a fine corsa" nel diritto di partecipare al ricavato.
In alternativa il condominio dovrà scegliere se "stare alla finestra" in attesa che altri (in genere la banca mutuante) attivino la procedura esecutiva (ma con tempi lunghi) ed accodarsi ad essa evitando esborsi rilevanti .
Consultato l’avvocato, la questione, su iniziativa dell’Amministratore sarà posta all’ordine del giorno dell'assemblea condominiale che deciderà, analizzata la peculiarità del caso, quale strada intraprendere.
Diversa la procedura (nella forma ma con uguale risultato nella sostanza) se la proprietà condominiale invece facesse capo ad un imprenditore assoggettato a fallimento.
In tal caso sarà cura dell’Amministratore presentare istanza di insinuazione al passivo tal che il condominio possa vedersi quantomeno riconosciute le spese inerenti la gestione e manutenzione dell'immobile per tutto il periodo in cui lo stesso è stato acquisito nella disponibilità della massa fallimentare.
La "ratio" di tale riconoscimento sta nel fatto che queste spese si considerano destinate a tenere in efficienza il bene immobile e mantenere invariato il suo valore la qual cosa coincide con l’interesse di tutti i creditori; invece le spese relative ai periodi antecedenti la dichiarazione di fallimento saranno ammesse al passivo in via chirografaria il che in fatto comporterà una materiale riscossione pari a zero.
Acquirente e Aggiudicatario
In presenza di insolvenza e/o grave morosità, ad ogni buon conto, ai condòmini solvibili conviene (a prescindere da chi prenderà l’iniziativa) che la procedura esecutiva sia la più rapida in modo da riscontrare alla fine un aggiudicatario solvibile che consenta il recupero almeno in parte delle spese in forza del quarto comma dell'art.63 che dispone: "chi subentra nei diritti di un condòmino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso ed a quello precedente" intendendo per "anno" quello dell'esercizio condominiale e non quello solare.
Un esempio dei costi e delle procedure, dalla diffida al pignoramento immobiliare.
Tenterò di illustrare l’iter con un esempio indicando valori approssimativi (nel calcolo dei diritti, bolli, marche e quant’altro le segretarie degli avvocati sono maestre di precisione; le parcelle sono invece variabili a seconda del professionista) con il solo scopo di darvi idea della complicazione della procedura e le ragioni della sua onerosità.
Esempio: Il condòmino è in arretrato di € 5.000,00 e malgrado numerosi solleciti il moroso non onora il suo debito. L’amministratore Condominiale passa la pratica al legale.
Che succede d’ora in poi?
L’avvocato scriverà una lettera di diffida e messa in mora, anche per interrompere la prescrizione e far decorrere gli interessi moratori.
Il compenso ammonta a 200 euro circa.
Ma se la lettera di diffida non produce gli effetti sperati , il professionista avvierà un’azione legale volta a procurarsi un titolo (decreto ingiuntivo) necessario per procedere quanto prima alla "esecuzione forzata".
Fra marche da bollo spese di notifica del decreto, imposte fiscali di registrazione, si arriva a circa € 300,00 di spese vive a cui aggiungere l’onorario dell’avvocato che, secondo il vigente tariffario, è di € 700,00 circa – Fino a questa fase, si sono spesi 1.200,00 euro.
A questo punto, con il titolo esecutivo, si può avviare il pignoramento, facendolo precedere dalla notifica di un atto di precetto. In questa fase fra spese di notifica del precetto e onorario occorre aggiungere altri 120,00 euro.
Il tipo di pignoramento oggi più veloce è l’espropriazione presso terzi, cioè il pignoramento eseguito nei confronti del debitore del debitore (ad esempio presso la Banca ove il debitore detiene liquidità o titoli oppure presso il datore di lavoro debitore della retribuzione).
A causa della privacy si può solo tentare.
Tra costi di notifica e compensi di avvocato, si può arrivare a spendere altre 1.000,00 euro, per scoprire magari che qualcuno ha pignorato prima di noi. Questa procedura comunque può ben precedere quella successiva del pignoramento immobiliare di seguito illustrata.
Se il debitore ha un immobile intestato e libero si può decidere di aggredire subito questo bene evitando di spendere i 1000.00 euro per il pignoramento presso terzi.
La procedura si presenterà lunga e costosa.
Si parte con la notifica di un atto di pignoramento immobiliare (costo medio 50 euro), da trascrivere presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari (250 euro circa di diritti).
Il pignoramento, poi, deve essere "iscritto a ruolo" ossia rubricato nei registri del tribunale (costo 380 euro).
Il compenso dell’avvocato compresa cassa ed IVA al 22% , ammonta a circa a circa 2 .000 euro.
Dopo l’iscrizione a ruolo, entra in ballo il notaio che deve redigere e depositare "la relazione ipocatastale"; costo compresa cassa ed IVA ammonta a circa 1.500 euro.
Fino ad ora pur by-passando i costi del pignoramento presso terzi , sono stati spesi circa 5.500,00 euro.
Decorsi tre anni, nel corso della prima udienza di comparizione, dovrà essere nominato un consulente tecnico d’ufficio, cioè un perito nominato dal Tribunale che dovrà periziare l’immobile. Il suo onorario di circa 900 euro deve essere anticipato dal creditore procedente.
Dopo la presentazione della stima, il Tribunale nomina i "custodi giudiziari "e i "delegati alla vendita" ai quali il creditore procedente dovrà versare un anticipo per rimborso spese di circa 600 euro.
A questo punto costi ammontano complessivamente a 7.000 euro.
Procedendo con un paio di avvisi di vendita e con tre o quattro aste deserte, costi a carico del creditore procedente, si arriva facilmente agli 8.000,00 euro già richiamati nell’articolo.
art. a cura di Ennio Alessandro Rossi (Giornale di Brescia 21 gennaio 2015).
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