Beh, prima della riforma, il 1118 che hai citato vietava senza mezze misura il distacco appellandosi al diritto degli altri condòmini di non doversi sobbarcare la maggiorazione di costo della propria quota.
La riforma mai come in questo caso ha riformato, eccome. Ma si comunque premurata di conservare delle garanzie per i condòmini che restano collegati all'impianto.
Anche perchè immagina un impianto dal quale si staccano negli anni la metà dei condòmini, diventa inservibile funzinalmente e troppo costoso per tutti gli altri costringendoli a staccarsi anche loro sfasciando i propri appartementi senza averlo scelto.
Ciò premesso, la riforma ha semplicemente reso stabile il normale indirizzo giurisprudenziale che negli anni è assurto a standard il quale appunto stabiliva che se il distacco non provocava danni all'impianto il condòmino poteva staccarsi a patto che continuasse a conservare l'impianto. In sostanza permetteva al condòmino di evitare di pagare il carburante.
Detta procedura di solito viene intrapresa da chi possiede un alloggio che non ottiene le temperature desiderate al contrario della maggioranza delle unità immobiliare del condominio (si pensi per esempio agli attici o ai primi piani con giardino, appartamenti di solito difficili da riscaldare se l'impianto centralizzato è datato oppure fatto non proprio benissimo).
In questi casi, ha un senso staccarsi e usare i soldi risparmiati per il carburante condominiale per un impianto autonomo che raramente è più economico di quello centralizzato, ma almeno restituisce un certo confort.
Ma ancora non ti ho risposto alla domanda. Beh, non saprei sinceramente se ci sono valori su cui basare una stima. Penso il buon senso sia l'unica asticella adatta a questo genere di stima. Mi affido però a colleghi più preparati di me che sapranno magari darti una risposta più tecnica